Il Messaggero alato: Contatto riuscito
Tutto cominciò nel Marzo del 1998. Avevo davanti circa 10 mesi di lavoro intensissimo.
Otto ore di lavoro al giorno cinque al mattino e tre
al pomeriggio con i miei soliti ritmi da negriero.
Feci amicizia con Pilù. Un bellissimo inseparabile,
un pappagallino intelligente e sveglio.
Mi aspettava al mattino in laboratorio, mi faceva
grandi feste e poi mi saliva sulla spalla dove rimaneva per tutto il tempo che
lavoravo.
Rumori pazzeschi di sega elettrica, smerigliatrice,
trapano, segatura che rendeva irrespirabile l’aria e lui sempre lì, ricoperto
di polvere, che osservava tutto con grande attenzione e senza paura.
Cinque o sei volte al giorno faceva un verso
particolare, capivo che voleva che smettessi per un attimo di fare casino e
allora scendeva lungo la spalla perché era attratto da qualcosa, un chiodo, una
vite, un truciolo di legno.
Ci giocava un poco e poi risaliva sulla spalla e
rifaceva il verso particolare e io ricominciavo. Ogni giorno così, per mesi.
Poi successe il fatto.
Una mattina dovevo dare voce alle sculture. Dovevo
mettere l’audio, musiche e rumori alle opere in modo che interagissero con gli
spettatori. Avevo davanti una serie di apparecchi da montaggio audio e
ascoltavo un CD con dei rumori ( gli effetti ) tra i quali dovevo scegliere
quelli adatti. Pilù era sempre sulla mia spalla e seguiva con attenzione, come
al solito.
Ascoltava i suoni tranquillo.
Passa il suono di una locomotiva, della pioggia e
poi il pianto di un bambino.
Pilù al momento del pianto apre le ali, si agita,
urla ridiscende dalla spalla lungo il braccio e corre verso l’altoparlante. Era
disperato, risale il braccio e col becco mi picchietta in faccia, ridiscende e
risale. Spengo il registratore e lui si calma.
Lo riaccendo e lui ricomincia disperato. Sono
costretto a spegnere di nuovo e per sempre. Il pennuto soffre sul serio e io
sono costretto a pensarci su.
Cosa hanno in comune un pappagallo e un neonato che
piange? Linguaggio? E quale? Di linguaggio analogico comportamentale non se ne
parlava. Erano solo suoni, suoni e basta. Ipotizzai la cosa più semplice di
questo mondo. Esisteva evidentemente un linguaggio sotteso a tutti i linguaggi
che permetteva, nel caso in questione, ad un neonato di chiedere aiuto ad un
uccello. Ma qual’era. Non era poi così difficile. Parlavamo di suoni, suoni che
si possono misurare, analizzare fino all’inverosimile e soprattutto riprodurre
e io questo lo sapevo fare. Bella idea.
E adesso
seguitemi bene.
1. Andai su internet, un sito
canadese molto famoso che ti fa sentire tutti i versi delle balene e fa le
ipotesi di linguaggio dei cetacei. Scaricai tutti i versi che mi interessavano
e soprattutto quelli di una balena che cercava inutilmente di liberare suo figlio
dalle reti dei pescatori.
2. Dal solito CD registrai il
guaito di un cane.
3. Andai su un sito inglese ( o
americano ) chiamato la chimica del suono.
Si poteva scaricare un programma per analizzare i
suoni. A loro serviva per analizzare i suoni di una registrazione di orchestra
da camera ma nei loro esempi ( geniali ) buttavano lì che se avessimo avuto un
archivio con i boati dei vulcani prima delle eruzioni, avremmo potuto, forse,
molto forse, capire dal suono se arrivava un’eruzione.
Capito la cosa?
4.
Misi in questo programma la voce del neonato e ne venne fuori un
grafico.
Su ascisse e ordinata c’erano linee colorate che
rappresentavano graficamente il suono ( Frequenza, timbro, ampiezza, armoniche
ecc. )
Spero che mi stiate ancora seguendo.
Questi sono i parametri di un suono, i componenti
necessari e sufficienti di un dato suono, quelli che fanno di quel suono
l’unico e irripetibile evento acustico.
Irripetibile come un’impronta digitale, non esagero.
Comunque se a qualcuno interessasse mi si chieda
pure perchè su questo punto posso divagare parecchio e dare tutte informazioni
tecniche del caso.
Avete presente i programmi a riconoscimento vocale,
che riconoscono una persona dalla voce?
Andiamo avanti.
Stampai questo grafico e ( geniale, genialissimo )
lo stampai su un foglio trasparente, di acetato per dargli un primo sguardo.
Passai al grido di dolore della balena e lo stampai
allo stesso modo. Stessa cosa per il guaito del cagnolino.
Sovrapporre, sovrapporre ecco la genialità.
Sovrapporre i grafici. Avrei capito cosa avevano in comune quelle invocazioni e
gli elementi in comune avevano molte probabilità di essere quello che cercavo.
Il grido di dolore, la richiesta di aiuto
di tutte le lingue.
Ecco. Bastava solo osservare con attenzione. Dove i
parametri si sovrapponevano c’era la risposta.
Ritornai quindi al programma e cancellai tutti i
parametri che non erano comuni alle tre voci di aiuto.
Mi rimasero solo gli elementi comuni.
Registrai questo suono assurdo e lo ascoltai. Ma
cos’era? Un rumore lungo.
“Azzellava le carni ” e non somigliava a niente e a
tutto ma inquietava. Ma inquietava Pilù?
Me lo misi sulla spalla e rifeci l’esperimento.
Impazzito, disperato, correva lungo il braccio ed
era spaventatissimo.
Fatto. Trovato. Se sai cosa è lo puoi
riprodurre.
Decisi di isolare la gioia, l’aggressività e il
mondo intero delle emozioni. Questa è comunicazione. Ero proprio deciso ma…
Ma....
Pilù morì una notte nella cantina piena di gas
insieme a due dei suoi figli.
La caldaia nella notte aveva funzionato male e
l’ossido di carbonio li aveva uccisi. I miei parenti si intristirono ma mica
tanto: “ Meglio agli uccellini che agli umani.”
D’accordo ma quello era il mio messaggero per il mondo animale, stavamo lavorando
insieme....
Smisi allora.
Mi accorsi che lo scopo della ricerca era di parlare
solo con Pilù e non con tutti i “ Volanti “ .Ma conservo ancora tutto e anche
la foto del ” Messaggero “
Se ai pennuti facessero monumenti bisognerebbe farlo
a Pilù, il pennuto che tentò di parlare con gli umani.
Decisi solo di scrivere un raccontino senza pretese
per ricordare questa storia vera.
Eccolo.
PS ( di sei
anni dopo )
La storia è chiaramente vera, ho solo omesso la
fatica e la complessità della ricerca perché mi è sembrato che avrebbero
impegnato eccessivamente i non addetti ai lavori ma a chiunque sia veramente
interessato posso fornire l’elenco delle attrezzature ( poche ) e le operazioni
da compiere, se la memoria mi aiuta.
Fermo restando che è necessario avere delle discrete
nozioni in materia, pena perdita di tempo e insuccesso.
PS
2
Fatto sta che proprio sei mesi fa su un altissimo
albero che sta di fronte casa si posa un Kallopsite giallo con palle rosse in
faccia. E’ un grandissimo pappagallo che mi guarda e io lo guardo.
Decido di invitarlo a casa con suoni e gesti
rassicuranti. Carla mi sorprende sul balcone mentre spalanco le braccia e
simulo il volo e emetto suoni raccapriccianti. Mi guarda male ma il pappagallo
mi guarda bene e mi fa capire che vorrebbe venire da me ma che ha paura di
volare. Io allora scendo in strada e lo chiamo con i versi rassicuranti.
Lui a piedi scende dall’altissimo albero e mi si
avvicina ma è al di la della rete. Gli dico che deve salire sulla rete e lui lo
fa. Mi dice che non vuole essere toccato e io gli dico di seguirmi.
Attraversa la strada e mi segue, entra le mio
giardino e gli dico che deve salire sul dito, per forza.
Lui sale, risale il braccio e si mette sulla spalla
e si addormenta. E’ rimasto una settimana in casa, facevamo dei giochi come
“vola-vola e dopo tanti giri ritorna sul dito.”
Viveva su una grande gabbia, sopra non dentro, col
balcone sempre aperto. Volava benissimo. Poi dovevamo partire e mi sono reso
conto che non potevo portarlo con me. L’ho regalato ad un amico fanatico amante
che vive in campagna e vuole che gli uccelli vivano liberi e gli entrino dalla
finestra. Dopo un quarto d’ora che glielo avevo regalato gli ha comperato una
compagna che Lui ha gradito moltissimo.
Lui ora mi riconosce e mi fa festa ma poi torna dalla compagna che ha un cattivo carattere
“ Gli animali sono i nostri fratelli minori “
( Margherita Hack ) ma si scrive cosi?
Ne voglio leggere un altro
e clicco
sull’ombrellone
Brutti pallosi vi clicco e vado via